Valutazione di una start-up innovativa: quale metodologia?
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La necessità di valutare un’azienda può sorgere per molteplici motivi: dalla trasformazione della forma societaria alla cessione delle quote o del pacchetto azionario, fino ad operazioni di aumento di capitale con ingresso di nuovi soci. 

In particolare, le società in fase di start-up, dopo un periodo di avvio e iniziale crescita, possono manifestare la necessità di attrarre capitali da impiegare in investimenti in strutture produttive, sviluppo di asset immateriali o in capitale circolante.

Valutare una start-up, tanto più se innovativa, presenta diverse problematiche all’esperto, primo tra tutti quello di avere solitamente una ridotta o nulla serie storica alle spalle su cui fare affidamento per validare le proiezioni future

Sappiamo che il metodo di valutazione prescelto deve avere una sua coerenza con la natura e le caratteristiche dell’incarico affidato. Per cui, bisognerà tenere conto della finalità della perizia ma anche delle informazioni disponibili. Per potere, quindi, approcciare la stima in maniera analitica, attualizzando i flussi annuali, è necessario disporre di un piano industriale che determini esplicitamente tali dati. 

LA SCELTA DEL METODO

È chiaro che la scelta del metodo incide sull’esito stesso della valutazione, dal momento che entreranno in gioco variabili diverse che produrranno risultati differenti. Dal momento che il valore aziendale può mutare in base all’approccio prescelto, è uso illustrare nella relazione di stima il criterio di scelta adottato. Criterio che non può prescindere da ulteriori considerazioni in merito alle caratteristiche del settore di appartenenza e alle peculiarità strutturali del contesto. Le start-up innovative, oltre alla scarsa disponibilità di dati storici consolidati, sono anche difficilmente confrontabili con altre aziende mature presenti sul mercato. Inoltre, presentano spesso una fisiologica situazione di perdita e conseguenti fabbisogni di liquidità

I Principi Italiani di Valutazione (PIV) non trattano specificamente il caso delle start-up. Al punto III.1.32 emerge però che “nelle situazioni caratterizzate da fattori evolutivi è generalmente da preferire la più analitica costruzione dei flussi di risultati consentiti dai metodi finanziari”. In sostanza, tenuto conto che nelle aziende in fase di sviluppo può manifestarsi una certa discrasia tra flussi reddituali e flussi monetari, determinata dalle decisioni di investimento in capitale fisso o circolante, la scelta di metodi finanziari può favorire una migliore fotografia di tali dinamiche. 

Rimane un’oggettiva difficoltà a ipotizzare per una start-up i flussi di cassa nel medio periodo, ma d’altra parte è difficilmente ipotizzabile anche il ricorso a metodi patrimoniali o empirici. 

Per quanto il ricorso ad una valutazione di tipo patrimoniale potrebbe avere senso, adottando un approccio di tipo complesso, nella stima degli asset immateriali come brevetti, marchi o applicazioni tecnologiche di tipo multimediale, si otterrebbe comunque un valore più vicino a quello di liquidazione che non ad una valorizzazione prospettica. 

IL METODO FINANZIARIO E IL METODO REDDITUALE

Al fine di attualizzare i flussi monetari futuri realizzati dall’azienda oggetto di stima, viene sovente impiegato il metodo del Discounted Cash Flow (DCF). Anche in questo caso rileva la scelta di un approccio sia equity side che asset side.

Nel primo caso, infatti, ad essere attualizzati saranno i flussi monetari disponibili per i soci o azionisti al costo dei mezzi propri, in base al Capital Asset Pricing Model (CAPM); nel secondo caso, i flussi monetari unlevered sconteranno il costo medio ponderato del capitale ovvero il Weighted Average Cost of Capital (WACC). 

Il metodo finanziario, nella prospettiva asset side, si riassume nella seguente formula:

 

da cui poi: 

EV – Posizione Finanziaria Netta = Equity Value

dove: 

EV Enterprise Value indica il Valore dell’azienda, oggetto di analisi; 

UFCF Unlevered Free Cash Flow, il flusso di cassa unlevered. Tali flussi, determinati analiticamente lungo l’orizzonte di valutazione di “n” anni, non includono le remunerazioni finanziarie (dividendi, interessi e le variazioni di indebitamento netto); 

UFCFP Unlevered Free Cash Flow prospettico, il flusso di cassa unlevered prospettico. Tale flusso rappresenta l’Unlevered Free Cash Flow prospettico generato dall’azienda oltre il periodo oggetto di valutazione analitica e crescente nel tempo secondo il tasso di crescita espresso da g∞; 

WACC Weighted Average Cost of Capital: si tratta del tasso adottato per l’attualizzazione degli UFCF, che corrisponderà alla media ponderata del costo del capitale proprio e del capitale di terzi; 

g∞ rappresenta il saggio di crescita dei flussi di cassa nel lungo periodo. 

La scelta del metodo reddituale implica, invece, che il valore economico del complesso aziendale risiede nel flusso di redditi prospettici che l’azienda appare in grado di generare nel tempo, dalla qualità di tali redditi e dalla loro distribuzione lungo l’arco temporale considerato. 

Con l’applicazione del metodo reddituale, il valore di un’azienda corrisponde alla somma dei redditi che la stessa potrà generare nel tempo per remunerare i propri fornitori di capitale, al netto dei versamenti che essa eventualmente richiederà loro, opportunamente attualizzati mediante un tasso idoneo allo scopo; pertanto, il valore di un’azienda consiste nel valore attuale netto (Net Present Value) dei redditi che dalla stessa saranno destinati nel tempo ai fornitori di capitale. 

Le valutazioni reddituali sono generalmente svolte con un approccio equity side e, in una versione sintetica, può essere rappresentato dalla formula: 

V=R/ie 

dove:

R è il reddito medio normale atteso 

ie è il costo del capitale proprio 

Se si assume un orizzonte temporale limitato, come consigliato dai PIV per i casi di aziende con “radici meno solide o operanti in settori caratterizzati da elevata variabilità”, quale può essere il caso di una start-up tecnologica, la formula diventa: 

V=R*an⌐i’ 

Che rappresenta il valore attuale di una rendita temporanea di rata costante R per il tempo n e al tasso i

IL TASSO DI ATTUALIZZAZIONE

La prassi valutativa ha consolidato il ricorso al CAPM nei casi di approccio equity side e quello al WACC in caso di prospettiva asset side. Il primo, infatti, permette di individuare il tasso a cui viene remunerato il capitale proprio, mentre il secondo serve a determinare il tasso di attualizzazione dei flussi prodotti dall’azienda a beneficio del capitale operativo

In particolare, il WACC è determinato come segue: 

WACC= we*ie+wd*id*(1-t) 

Dove: 

we: peso attribuito al capitale proprio 

wd peso attribuito al capitale di terzi (debiti onerosi) 

ie: costo del capitale proprio 

id: costo del capitale di terzi 

t:: aliquota fiscale

Il costo del capitale proprio ie viene individuato proprio mediante l’applicazione del CAPM che a sua volta si basa su tre variabili: il tasso esente da rischio (c.d. risk free rate), il premio al rischio di mercato, il coefficiente beta. Quest’ultimo rappresenta la misura del rischio sistemico da associare al flusso in base alla volatilità del suo rendimento rispetto a quello di mercato. Pertanto, la formula del CAPM è così sintetizzabile: 

R= Rf+β*(Rm-Rf) 

CONCLUSIONI

L’approccio valutativo ad una start-up è complicato da fattori specifici che afferiscono tanto alla storicità dei flussi pregressi quanto alla prospettiva dei flussi futuri

Tuttavia, sempre più spesso significativi round di finanziamenti da parte di fondi di private equity, venture capital o club deal riguardano realtà tecnologiche dalla vita breve, ma dal futuro gravido di promesse. 

I fattori che alimentano le valutazioni di tali realtà sono tutti di difficile interpretazione nei loro esiti e nei loro riflessi sui processi di stima. Il lancio di nuovi prodotti o nuove tecnologie, l’ingresso in nuovi settori o mercati, la fase stessa di start-up non fanno che aumentare la rischiosità specifica dell’investimento influenzando, ad esempio, la determinazione del fattore beta. Un discorso a parte merita poi la valutazione di asset immateriali come i brevetti, i marchi o il know how. 

Valutare una start-up rappresenta quindi una sfida difficilmente eludibile e allo stesso tempo affascinante per il grado di complessità a cui espone l’uso degli strumenti valutativi. L’applicazione e la consuetudine ai processi di stima possono dare quella confidenza senza la quale è altrimenti difficile operare. 

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