Società semplice di gestione patrimoniale    
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Lo strumento della società semplice (o s.s.) ha da sempre riscosso l’attenzione dei giuristi, soprattutto in ragione di alcuni impieghi peculiari nel settore delle gestioni patrimoniali. Eclatante fu il caso della Dicembre s.s., società costituita nel 1984 dalla famiglia Agnelli per gestire le partecipazioni di maggioranza della Fiat S.p.A.

La Dicembre aveva un oggetto sociale che escludeva ogni attività di carattere commerciale ed imprenditoriale, prevedendo solo la formazione di un patrimonio mobiliare e/o immobiliare e la sua gestione, nonché l’eventuale assegnazione dei beni sociali ai soci. 

La questione della società semplice come strumento di mera gestione patrimoniale è stata poi, dalla fine del secolo scorso, oggetto di approfondimento in ambito di dottrina societaria per effetto di una serie di modifiche legislative in materia di diritto civile e tributario.

Soprattutto sotto quest’ultimo profilo, si sono registrate alcune norme fiscali dal carattere decisamente agevolativo

INQUADRAMENTO GIURIDICO E FISCALE 

 Secondo art. 2247 c.c. “con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. 

Inoltre, sulla base dell’art. 2249 c.c. “le società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività diversa da quelle di un’impresa commerciale sono regolate dalle disposizioni sulla società semplici”. 

Da una lettura coordinata di tali norme con l’art. 2248 c.c. si deduce che la gestione di beni può prefigurare: 

a) un’attività commerciale, condotta mediante uno dei tipi societari previsti nei capi III e seguenti del titolo V del libro V del Codice civile (snc, sas, SpA, Sapa, srl). Parliamo quindi di modelli economici che presuppongono una certa organizzazione di fattori produttivi. Si possono fare gli esempi di società che abbiano ad oggetto il noleggio di autoveicoli o la locazione temporanea di case-vacanze; 

b) un’attività non commerciale, volta comunque al conseguimento di un profitto e che possa, quindi, essere esercitata anche da una società semplice priva di qualsiasi organizzazione industriale di fattori produttivi. Sarà comunque previsto, per i beni oggetto di gestione, un obbligo di destinazione unitaria derivante dal contratto di società. Può essere il caso, ad esempio, di una società che possegga una o più unità immobiliari locate stabilmente ma senza erogazione di servizi accessori. 

c) una mera comunione di godimento, non inquadrabile in nessun tipo di società, stante l’art. 2248 c.c. che pone la comunione a scopo di godimento al di fuori del fenomeno societario, dal momento che manca completamente lo scopo lucrativo perseguito tramite un’attività imprenditoriale e i beni comuni sono destinati appunto al mero godimento. 

 

ATTIVITÀ DI GESTIONE STATICA 

Definito il perimetro entro il quale la società semplice di gestione può operare, rimangono comunque esperibili, grazie all’evoluzione del diritto societario, le seguenti attività economiche, tra quelle non commerciali: 

  • Attività di gestione statica di beni immobili 
  • Holding di gestione di partecipazioni sociali

La prima attività è quella di chi compra beni immobili al solo scopo di percepire una rendita, limitandosi eventualmente alle migliorie necessarie per metterli “a reddito” e avvalendosi di una modesta organizzazione per la gestione dei rapporti di locazione e delle formalità legali e amministrative che ne conseguono. 

Il grado di complessità che può derivare dalla consistenza del patrimonio immobiliare può comportare in certi casi il rischio di travalicare la mera gestione statica e sconfinare nella società commerciale. 

Di certo tale confine viene oltrepassato qualora l’oggetto sociale o l’attività effettivamente svolta contemplino operazioni speculative, per cui gli acquisti sono preordinati al conseguimento di un reddito incrementale derivante dalla compravendita immobiliare. 

Il secondo tipo di gestione è legato all’attività di acquisto e detenzione di partecipazioni sociali, con il corredo di diritti che ne consegue, tra i quali quello di percepire eventuali dividendi dagli utili delle società partecipate. 

Assumono questa forma di “holding pura” le cosiddette holding di famiglia statiche o passive che non svolgono cioè alcuna attività finanziaria di supporto a favore delle società partecipate. 

Il rischio di superare i confini della gestione statica, qualificandosi per la società semplice un’attività di impresa commerciale, si configura allorché le partecipazioni detenute siano di controllo delle società partecipate o addirittura totalitarie.

Tuttavia, assume una rilevanza essenziale la discriminate tra il semplice controllo ex art. 2359 c.c., che presuppone la possibilità di esercitare una influenza dominante sulla società controllata, e l’effettiva attività di direzione e coordinamento, di cui agli artt. 2497 e seguenti del Codice civile.

La prima fattispecie fa sì che la società semplice possa assumere partecipazioni di controllo in altre società pur limitandosi al mero esercizio dei diritti di socio ovvero senza imprimere alcuna determinazione o pianificazione strategica di carattere accentrato.

In questo caso la holding resta nei limiti della gestione non commerciale delle quote o azioni societarie. 

VANTAGGI RISPETTO ALLA COMUNIONE DI BENI 

Alla luce di quanto sopra esaminato, si può affermare pertanto che l’impiego della società limitata alle sole attività di impresa agricola o a quelle professionali regolamentate, costituisca una visione limitata, potendo la stessa gestire invece asset patrimoniali al fine di conseguire un utile, nella misura in cui non si configuri una attività imprenditoriale. 

In un’ottica statico-conservativa, la società semplice di gestione si presta dunque all’allocazione del patrimonio di famiglia, sia immobiliare che mobiliare, anche con uno specifico scopo di protezione. Stante poi la sua flessibilità, data dalla mancanza di formalità particolari, dalla libertà di organizzare agli assetti di governance, nonché dai 

regimi fiscali favorevoli, essa si presta ad essere un valido strumento di pianificazione del passaggio intergenerazionale

L’intestazione di beni ad una società permette, infatti, una gestione più agile, secondo le regole del diritto societario, rispetto ad una comunione di beni.

Così come sono più facilmente conseguibili determinati vantaggi fiscali trasferendo la partecipazione societaria piuttosto che la titolarità dei singoli asset che fanno parte del patrimonio familiare. 

In termini di costi gestionali si pensi poi al fatto che la società semplice non è vincolata alla tenuta dei libri e delle scritture contabili, né alla redazione del bilancio, non ha una struttura corporativa interna, non deve adempiere a particolari formalità a parte quelli fiscali.

Anche l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese serve solo alla certificazione anagrafica e produce effetti di mera pubblicità notizia. 

I dubbi che l’attività svolta dalla società semplice possa configurare una sorta di “comunione di beni mascherata”, sotto la forma esteriore di società, sono stati più volte fugati dalla Corte di Cassazione (pronunce n. 6361/2004 e 3028/2009) che ha chiarito come la comunione abbia come oggetto il godimento del bene, mentre nella società semplice statica, il godimento è il mezzo per l’esercizio dell’attività di impresa. 

Giudizio a sua volta rafforzato, in due diversi studi, entrambi pubblicati nel 2016 (n. 69-2016/I e n. 73-2016/T), dal Consiglio del Notariato, che sono giunti alla conclusione che, pur non potendo una società essere retta dal regime della comunione, nulla vieta che possa avere legittimazione ed esistenza una società di godimento – diversa dalla comunione di godimento – come è appunto la società semplice. 

ACCORGIMENTI E CASI PRATICI

Certo può essere opportuno tenere da conto determinati accorgimenti tecnici nella redazione dell’atto costitutivo così da ovviare a certe opacità e prevedere specifici meccanismi che facilitino l’operatività societaria. 

Ad esempio, con riguardo all’oggetto sociale è consigliabile non limitarsi all’ espressione generica “gestione di beni”, ma utilizzare una terminologia più tecnica e puntuale, che specifichi il carattere non imprenditoriale della gestione nonché il suo oggetto immobiliare e/o mobiliare

Anche sotto il profilo della rappresentanza della società si può valutare di riservare l’amministrazione ad alcuni soci limitando al solo conferimento ed escludendo la responsabilità di coloro che non possono agire in nome e per conto della società, come previsto dall’art. 2267, comma 1 c.c. 

In un caso di società semplice partecipata dal padre e dai suoi figli, i poteri di amministrazione e di rappresentanza potrebbero, ad esempio, essere attribuiti al solo capofamiglia, circoscrivendo a quanto conferito in società la responsabilità patrimoniali dei figli per le obbligazioni sociali. 

Gli stessi poteri potrebbero altresì essere diversificati a seconda che debbano compiersi atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione, prevedendo per i primi facoltà disgiunte di tutti i soci e per i secondi la facoltà esclusiva di agire solo per il capofamiglia; o ancora l’amministrazione congiunta con consenso unanime o maggioritario

Nei casi i cui ne sia investito un singolo socio è bene prevedere come i poteri di amministrazione vengano assunti dagli altri in casi di discontinuità o traumatici come la morte, l’impedimento, la rinuncia o la revoca del socio amministratore. 

Anche disciplinare il regime di circolazione delle quote sociali tanto inter vivos che mortis causa, può essere opportuno, ad esempio qualora si vogliano far valere cause di prelazione o gradimento o la liquidabilità delle quote trasferite agli eredi. 

BENEFICI FISCALI

Il conferimento di beni mobili e immobili in una s.s. di gestione e la successiva successione o donazione delle quote agli eredi, consente di ottenere un notevole risparmio d’imposta. Difatti, oltre all’esenzione dell’imposta di successione e/o donazione sulle quote societarie, nel caso in cui la società semplice sia comprensiva di beni immobili, le imposte ipotecaria e catastale per trascrizione e di voltura non saranno dovute, secondo quanto stabilito dagli articoli 1 (ipotecaria) e 10 (catastale) del relativo testo unico, Dlgs n. 347/1990, garantendo la gratuità del passaggio generazionale

L’agevolazione in argomento trova applicazione laddove la partecipazione societaria donata attribuisca ai donatari o eredi, il potere di influire in modo diretto ed immediato sull’esercizio dell’attività sociale per almeno cinque anni dal trasferimento definitivo

L’esenzione fiscale dall’imposta di donazione si applica, anche nel caso di donazione della nuda proprietà delle quote della società di mero godimento con riserva di usufrutto in capo al donante, che continuerà ad amministrare il patrimonio donato godendone degli utili generati, fino al passaggio definitivo dei beni agli eredi. 

Poiché il valore della nuda proprietà cresce al crescere dell’età del donante usufruttuario, il risparmio d’imposta in tal caso, viene dunque a dipendere soprattutto dalla tempestività con cui viene definito il passaggio generazionale, essendo appunto legato all’età dell’usufruttuario. 

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto evidenziato, appare evidente come l’utilizzo della società semplice si ritenga oggi consentito anche per la gestione e amministrazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, che ne costituisce la causa societaria.

Tuttavia, al fine di ridurre il rischio che, la società semplice di mero godimento possa essere considerata elusiva, risulta d’obbligo precisare che l’oggetto sociale si sostanzia nella gestione di un patrimonio mobiliare e/o immobiliare, nonché nel compimento di attività e operazioni strumentali. 

Infine, si dovrebbero evitare le operazioni palesemente qualificabili tra le attività commerciali, come le operazioni di compravendita, che, se realizzate, dovranno essere finalizzate al godimento e alla gestione, e non alla successiva rivendita.

Rispettando questo perimetro la società semplice potrà essere maneggiata come un valido ed efficiente strumento di gestione, protezione e passaggio generazionale della ricchezza di famiglia.

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