Le polizze unit linked rivestono un particolare interesse sotto il profilo giuridico e fiscale in quanto, pur trovandoci di fronte a strumenti assicurativi tipici, la coesistenza di cause miste all’interno dello stesso contratto può portare, a seconda dei casi, a una prevalenza dell’aspetto finanziario rispetto a quello previdenziale, con implicazioni tanto legali quanto tributarie.
I presupposti normativi su cui si basano, hanno favorito un impiego frequente delle unit linked in ambito successorio e di protezione del patrimonio, attirando l’attenzione dell’amministrazione finanziaria sulle circostanze di abuso dello strumento stesso.
Circostanza questa foriera di numerose pronunce giurisprudenziali di cui bisogna tenere conto nel momento in cui si confeziona e si sottoscrive un contratto assicurativo con tali caratteristiche.
ASPETTI GIURIDICI E FISCALI
Una polizza unit linked costituisce in generale un contratto di tipo assicurativo sulla durata della vita umana che prevede, però, prestazioni in forma variabile.
Ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 209/2005 sono inquadrate nel ramo III delle polizze vita. Prevede, infatti, la norma in questione che “nei rami vita la classificazione per ramo è la seguente:
- I. Le assicurazioni sulla durata della vita umana;
- II. Le assicurazioni di nuzialità e di natalità;
- III. Le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento”.
Uno degli aspetti che rendono peculiari le polizze così definite è la tutela garantita dall’art. 1923 del Codice civile, che statuisce che “le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutive o cautelari”, rendendo così le unit linked attività non pignorabili.
Dal punto di vista fiscale manca una norma di definizione generale in ambito di strumenti assicurativi. Rileva soltanto l’art. 44 del Tuir che al primo comma, lettera g-quater), classifica tra i redditi di capitale “i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita”.
Abbiamo, quindi, una definizione della natura fiscale dei redditi tratti dallo strumento assicurativo, che va a sua volta coordinata con quanto previsto dall’art. 34 del DPR 601/1973 ovvero che “i capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di assicurazione sulla vita, a causa del rischio demografico, sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Le modifiche introdotte dalla Legge 190/2015 hanno fatto sì che siano attratti a tassazione come reddito di capitale solo le somme percepite dagli aventi diritto in eccesso rispetto al mero rischio demografico.
Si ha, pertanto, una tassazione mista ovvero una parziale esenzione che trova le sue ragioni molto probabilmente nella consapevolezza del legislatore che sussiste una componente finanziaria, spesso rilevante, all’interno di uno strumento come le polizze unit linked. E sono questi redditi, prodotti in virtù di previsioni puramente finanziarie, ad essere portati a tassazione come redditi di capitale, creando un meccanismo che sembrerebbe rendere superflua la determinazione dell’esatta natura del contratto assicurativo e della prevalenza della componente previdenziale.
Tuttavia, l’art. 12, lettera c) del D.lgs. 346/1990 prevede un’esclusione dall’attivo ereditario delle “indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto”. La questione della prevalenza del requisito previdenziale torna, quindi, di interesse per stabilire l’esenzione della polizza dalla massa sottoposta a imposta di successione.
L’inquadramento tra i redditi di capitale, piuttosto che tra i redditi diversi, delle somme percepite in forza di polizze sulla vita, comporta infine la possibilità di ottimizzare il carico fiscale grazie al fatto di:
- Non subire le ritenute di imposta o di acconto sui proventi, potendo così posticipare l’incisione fiscale al momento dell’effettivo percepimento del reddito, con un indubbio vantaggio finanziario;
- Poter effettuare la compensazione tra forme reddituali diverse che ordinariamente non possono essere sommate algebricamente, come, ad esempio, i dividendi e le minusvalenze;
- Poter applicare l’imposta sostitutiva anche a quei proventi finanziari che, in caso di sottoscrizione da parte del titolare, avrebbero scontato l’aliquota marginale Irpef.
FILONI GIURISPRUDENZIALI E USO IMPROPRIO DELLE POLIZZE
È indubitabile che le caratteristiche precipue dello strumento assicurativo abbiano condotto ad un uso improprio ovvero ad un abuso dello strumento stesso, suscitando l’attivazione di meccanismi sanzionatori da parte delle autorità. L’UIF (Ufficio di informazione finanziaria), ad esempio, ha ribadito che può essere perseguito penalmente il tentativo di utilizzare le polizze a fini di riciclaggio o autoriciclaggio come accade nel caso, purtroppo frequente, in cui le polizze unit linked vengono impiegate “per garantire un’intestazione sostanzialmente fiduciaria da parte dei sottoscrittori delle polizze con finalità di mera dissimulazione dell’effettiva proprietà”.
Anche l’amministrazione finanziaria ha intensificato, come detto, i controlli su tali strumenti assicurativi e si è ripetutamente espressa in merito allorché i contribuenti si sono avvalsi della procedura di voluntary disclosure per dichiarare i redditi tratti da polizze sottoscritte all’estero. In quei casi l’Agenzia delle Entrate ha attribuito rilevanza reddituale ai riscatti in caso di polizze previdenziali, analizzando, di caso in caso, i titoli sottostanti in caso di polizze finanziarie.
Con la Circolare 10/E del 13 marzo 2015 l’Agenzia, tra l’altro, chiariva che la regolarizzazione era possibile, mediante collaborazione volontaria, anche da parte del “contribuente italiano che ha proceduto a “schermare” il proprio rapporto presso una banca estera, mediante la sua intestazione ad una società localizzata in un Paese black list, o a “mascherarlo” sotto la forma di polizza assicurativa estera, riservandosi comunque la possibilità di movimentare lo stesso direttamente in qualità di procuratore speciale o indirettamente attraverso un proprio gestore di fiducia”.
Veniva così ben delineato uno dei casi più frequenti di uso distorto della polizza unit linked, che ha trovato nella procedura di collaborazione volontaria una possibilità di sanatoria. Per il futuro sarebbe bene evitare come prassi siffatti utilizzi dello strumento assicurativo, avendone cura nel momento in cui si pianifica di sottoscriverne uno.
La giurisprudenza, da parte sua, si è maggiormente concentrata sugli aspetti contrattuali che determinano una prevalenza della componente previdenziale piuttosto che di quella finanziaria. In questo senso si era espressa la Cassazione, sezione I Civile, con l’ordinanza del 6 maggio 2016, intimando ai giudici un esame accurato dei singoli contratti procedendo a una corretta interpretazione, ai sensi dell’art. 1362 del Codice Civile e seguenti. E ciò al fine di accertare se il contratto “al di là del nomen iuris attribuitogli sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore)”.
Sotto questo profilo appare senz’altro rilevante, in quanto iscritta anche in un filone maggioritario della giurisprudenza, la sentenza del Tribunale di Mantova emessa il 15 giugno 2016 secondo cui “un prodotto assicurativo può assumere legittimamente una componente esclusivamente (o quasi) finanziaria, senza che venga meno la meritevolezza degli interessi sottesi”.
È una pronuncia che, come altre, si allinea a quanto espresso dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con la sentenza 1° marzo 2012 (c-166-11) ovvero che le polizze unit linked sono da intendersi comunque come appartenenti ad un ramo delle polizze vita nonostante gli elementi finanziari, dovendosi escludere, in mancanza di una previsione di legge specifica, la connotazione di contratti di intermediazione finanziaria.
IMPIGNORABILITA’ EX ART. 1923 DEL CODICE CIVILE
Diverse altre sentenze si sono espresse sull’applicabilità dell’art. 1923 del Codice civile quale dispositivo a tutela delle polizze unit e index linked ovvero sulla loro impignorabilità.
A porre un punto di sintesi dei diversi orientamenti assunti dalla giurisprudenza ci ha pensato la Corte di cassazione a sezioni unite con la sentenza 8271 del 31 marzo 2008, stabilendo che allorché il contratto assolve alla funzione previdenziale la norma civilistica in questione è sempre applicabile. È pur vero che, nonostante questa presa di posizione della Suprema Corte, alcuni tribunali, tra cui Milano e Parma, si sono pronunciati successivamente a favore della sequestrabilità, considerando che la prestazione avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro risulti avere, in taluni casi, una funzione primaria rispetto a quella previdenziale che apparirebbe del tutto secondaria.
Un altro aspetto evidenziato da alcune pronunce di merito riguarda il trasferimento effettivo del rischio in capo all’assicuratore. Anche in questo caso a rilevare è la sussistenza dell’elemento previdenziale che verrebbe meno allorché il rischio legato di non vedere riconosciuto all’assicurato né quanto versato né un rendimento minimo sia rilevante o assoluto.
Invero, la previsione di garanzie su un capitale minimo apparirebbe sufficiente a garantire la funzione previdenziale scongiurando la riqualificazione delle polizze unit o index linked quali strumenti puramente finanziari. D’altra parte, non è mancato chi, come nel caso del Tribunale di Roma, abbia riconosciuto l’esistenza di un rischio sempre e comunque a carico dell’assicuratore dato dal rischio demografico, da una parte, e da quello finanziario, legato al riscatto anticipato, dall’altra.
Risulta evidente in ogni caso che la sottoscrizione di una polizza connaturata da un rendimento e da una restituzione del capitale sottoposti interamente al rischio di performance finanziaria comporta elementi di attenzione da parte del sottoscrittore al fine di non vedere sfumare quegli aspetti caratteristici essenziali allo strumento stesso.
CONCLUSIONI
Le polizze unit linked presentano profili giuridici e fiscali di tutto interesse, che mantengono la loro validità a condizione che l’intento di perseguirli non prevalga sulla finalità previdenziale dello strumento.
La polizza deve, quindi, essere concepita e sottoscritta innanzi tutto o esclusivamente in virtù della valenza assicurativa sulla vita e non dei suoi vantaggi fiscali o di intenti dissimulatori.
Elementi ulteriori su cui porre attenzione sono, ad esempio, l’età dell’assicurato, che non deve essere eccessivamente avanzata, e la durata della polizza stessa che dovrebbe normalmente essere pari a quella della vita stessa del contraente. Situazioni che contraddicano questi criteri naturali dello strumento assicurativo possono porre in difetto il sottoscrittore per mancanza di reali finalità previdenziali a favore di intenti puramente speculativi o secondari.