È prassi abbastanza diffusa per le società e gli enti che gestiscono fondi di investimento o OICR (Organismi di Investimento collettivo del Risparmio) assegnare, come forma d’incentivo, strumenti partecipativi dotati di diritti rafforzati al management del fondo stesso o in generale al personale dipendente ad esso legato da rapporto diretto o indiretto.
Tali strumenti non prevedono normalmente diritti amministrativi e la loro trasferibilità è soggetta a vincoli temporanei, così come la distribuzione degli utili risulta di solito differita, ma al contempo garantiscono una partecipazione agli utili proporzionalmente maggiore rispetto a quelli degli altri investitori.
La remunerazione che ne deriva rappresenta, quindi, un extra-profitto rispetto al rendimento dell’investimento che è definito comunemente “carried interest”. Il principale vantaggio fiscale derivante dall’utilizzo di tali strumenti è quello di poter godere, a determinate condizioni, di una tassazione flat al 26% invece che alle ordinarie regole di tassazione progressiva.
ASPETTI FISCALI DEL CARRIED INTEREST
L’art. 60 del DL 50/2017, poi convertito, prevede che i proventi da carried interest assumano natura finanziaria e debbano essere considerati redditi di capitale ovvero redditi diversi se:
- l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato dall’OICR;
- la maturazione dei proventi in argomento è postergata rispetto alla percezione da parte di tutti gli altri soci di un reddito o, in caso di cambio di controllo, di un prezzo di vendita pari al capitale investito o a un rendimento minimo stabilito per statuto;
- gli strumenti finanziari aventi i diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori o, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a 5 anni o, se precedente, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.
Intervenuta successivamente in risposta a specifici interpelli, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che il venir meno delle condizioni sopra elencate non è sufficiente a far inquadrare automaticamente il provento in oggetto tra i redditi da lavoro dipendente.
È necessario, infatti, avere riguardo all’assunzione effettiva di un rischio di investimento e, in generale, agli accordi stipulati tra società e manager per concludere che si tratti di un’integrazione legata alla prestazione lavorativa dei manager. È evidente che, in caso di riqualificazione del reddito da lavoro dipendente, lo stesso non potrebbe godere della tassazione flat al 26% ma andrebbe assoggettato a imposta marginale secondo i dettami dell’art. 51 del TUIR, che ricomprende “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro“.
INCERTEZZA NELLA QUALIFICAZIONE DEL REDDITO
Come chiarito dalla Circolare Agenzia Entrate 16.10.2017 n. 25, la ratio della norma in commento è proprio quella di evitare l’incertezza che potrebbe derivare, nella qualificazione del reddito, dal doppio ruolo di amministratori ovvero dipendenti della società e al contempo di quotisti o azionisti della stessa. Pertanto, i requisiti dettati dall’art. 60 del DL 50/2017 intendono proprio garantire l’assunzione del rischio di investimento da parte dei manager allineando gli interessi di questi ultimi a quelli degli altri investitori. Ed è proprio questa circostanza a far sì che prevalga indiscutibilmente la natura finanziaria del reddito derivante da carried interest.
Abbiamo visto prima che la norma disciplina anche i casi di cambio di controllo ovvero i casi in cui il socio di maggioranza ceda la propria partecipazione nel capitale sociale oppure la società alieni tutta l’azienda o le partecipazioni di propria titolarità. Anche in questa situazione è necessario, stando alla risposta all’interpello n. 622 del settembre 2021, analizzare gli elementi che caratterizzano il differimento della extra-rendimento e dell’holding period. È necessario, quindi, che il pagamento dei carried interest avvenga solo dopo che tutti gli altri soci abbiano ricevuto, oltre al rimborso del capitale investito, anche un rendimento adeguato (c.d. hurdle rate).
Al verificarsi di tali circostanze non sussistono dubbi sulla natura finanziaria dei rendimenti che discendono da azioni o quote prive di diritti amministrativi ma che siano, al contempo, dotate di diritti patrimoniali rafforzati.
CONCLUSIONI
Il carried interest può rappresentare una forma di remunerazione alternativa per il management di fondi e società di investimento, che ha nella partecipazione agli utili una finalità di forte incentivo a perseguire le migliori performances economiche ma anche di allineamento agli interessi degli altri investitori. La sua strutturazione ai fini fiscali deve evitare meccanismi che facciano prevalere legami tra la partecipazione e l’esistenza del rapporto di lavoro con il fondo o la società e al contempo di discrezionalità che contemperi l’effettivo rischio, al fine di non far venir meno la natura di reddito finanziario del reddito da carried interest, con la conseguente tassazione come reddito di lavoro.