La Circolare 34/E/2022 ha sancito la fine della dicotomia tra posizione dell’Amministrazione finanziaria e giurisprudenza in materia di imposte indirette da applicare alla istituzione di un Trust, più in particolare al conferimento di beni in esso.
Fino alla pubblicazione della bozza di circolare nell’agosto 2021, la posizione dell’Agenzia delle Entrate era netta nel ritenere assoggettabile ad imposizione ogni apporto di beni al Trust, seppure in contrasto con numerose sentenze della Corte di Cassazione di segno opposto.
All’origine di tale interpretazione vi era il fatto che nel 2006 l’imposta regolata dal TUS (Testo Unico sulle Successioni) fosse stata ripristinata anche per gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione”.
Da qui l’estensione agli atti di segregazione in trust, per cui l’imposta, secondo il Fisco, doveva essere applicata al momento del conferimento dei beni, mentre non si configurava alcun momento impositivo allorché gli stessi beni venivano attribuiti ai beneficiari.
IMPOSTE INDIRETTE APPLICABILI AL TRUST
È noto che, mentre le imposte dirette incidono su ogni produzione di reddito e, quindi, sulle manifestazioni di ricchezza diretta, intesa come misura della capacità contributiva del soggetto, le imposte indirette hanno ad oggetto le manifestazioni mediate di incremento patrimoniale, come ad esempio il trasferimento di beni.
Ora, la giurisprudenza di legittimità già dal 2018, con diverse sentenze, si è attestata sulla posizione per cui “la dotazione di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile bensì rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”.
Per la Corte di Cassazione, pertanto, l’imposta di successione o donazione rilevano solo al momento del trasferimento ai beneficiari, mentre non emerge materia imponibile allorché si vincolano i beni in un trust.
Con la sopra citata Circolare 34/E/2022 l’Agenzia delle Entrate sposa definitivamente e appieno questa posizione.
Si tratta a tutti gli effetti di una svolta che fa chiarezza e fornisce indicazioni incontrovertibili a chi si appresti a segregare il proprio patrimonio in tutto o in parte.
TASSAZIONE “IN USCITA”
Conformandosi, quindi, al consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’Amministrazione finanziaria opera un vero e proprio cambio di paradigma, passando da una tassazione “in entrata” ad una tassazione “in uscita”.
In altre parole, viene individuato come momento impositivo ai fini del Tus quello dell’attribuzione del bene al beneficiario “a compimento e realizzazione del trust medesimo”. Più nel dettaglio, la Circolare in parola afferma che bisogna fare riferimento al “momento in cui si realizza l’effettivo trasferimento di ricchezza mediante un’attribuzione ‹‹stabile›› dei beni confluiti nel trust a favore del beneficiario”.
Questo significa che tale attribuzione si potrebbe verificare anche quando i beneficiari siano individuati o individuabili già all’atto di costituzione o di dotazione del trust purché essi vengano investiti di diritti pieni ed esigibili ab origine, senza subordinazione alla discrezionalità del trustee o del disponente. Ad esempio, le disposizioni contenute nell’atto di trust potrebbero prevedere che i beneficiari possano in qualunque momento pretendere il trasferimento di quanto spettante loro per diritto.
D’altra parte, l’impostazione rinnovata dell’Amministrazione finanziaria comporta che l’atto di istituzione del trust è assoggettato a imposta di registro nella misura fissa di Euro 200,00, a norma dell’art. 11 della Tariffa, parte prima, del Dpr 131/1986, anche nel caso in cui con il medesimo atto venga disposto il trasferimento dei beni al trust.
Allo stesso modo eventuali sostituzioni del trustee sconteranno l’imposta in misura fissa non trattandosi di un effettivo trasferimento da un intestatario a un altro ma di un “mero avvicendamento nelle vicende gestorie del trust”.
ALIQUOTE E FRANCHIGIE
In conseguenza di quanto detto sopra, le aliquote e le franchigie vigenti per le imposte regolate dal Tus andranno determinate, sulla base del rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario, allorché quest’ultimo entrerà effettivamente in possesso dei beni ovvero, come detto prima, in “uscita”.
Nello stesso momento andrà valutata la sussistenza di eventuali esenzioni e agevolazioni quale potrebbe essere quella per l’acquisto della “prima casa”, per cui dovrà essere manifestata esplicita volontà di avvalersene dichiarandolo all’atto di attribuzione.
In materia di passaggio generazionale dell’azienda o della società, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito, in occasione di Telefisco 2023, che il termine da cui decorrono i cinque anni in cui i discendenti del de cuius devono proseguire l’esercizio dell’impresa o detenere il controllo societario è quello di trasferimento ai beneficiari.
I requisiti di territorialità, invece, andranno valutati al momento della disposizione dei beni in trust perché è in quel momento che il disponente si spossessa dei propri beni intestandoli al trustee ed è quindi allora che bisognerà guardare al luogo di residenza effettiva del settlor e alla localizzazione dei beni apportati.
Secondo questa logica, se al momento dell’atto di dotazione il disponente non risultasse residente in Italia e in assenza di una connessione territoriale, ovvero qualora i beni si trovassero tutti all’estero, nessuna imposta sarà dovuta al momento dell’attribuzione finale ai beneficiari, anche se nel frattempo la residenza del disponente si fosse spostata nel nostro paese.
CONCLUSIONI
Non c’è dubbio che il mutato orientamento dell’Agenzia delle Entrate fornisca una situazione di chiarezza, in materia di imposte dovute per l’apporto di beni in trust, che a lungo era mancata.
A tutti gli effetti appare come un’evoluzione verso il consolidamento di uno strumento che è stato recepito in Italia con molti dubbi e generale diffidenza (non dimentichiamo che manca una normativa nazionale in materia di trust, essendosi limitato il nostro paese a ratificare la Convenzione dell’Aja) ma che negli anni si è ritagliato un ruolo via via sempre più rilevante.
Soprattutto quale strumento di pianificazione e protezione del patrimonio l’istituto del trust emerge per la sua solidità giuridica e la versatilità dei suoi utilizzi in diversi ambiti, dal mero contenimento di beni mobili e immobili a cassaforte familiare pronta ad accogliere quote societarie, opere d’arte, fondi destinati a progetti benefici o a discendenti svantaggiati in termini di salute personale.
L’allineamento tra giurisprudenza di merito e prassi finanziaria va quindi accolto positivamente e può essere di incentivo allo sviluppo ulteriore del dibattito e della concreta applicazione dello strumento giuridico per realizzare gli scopi di individui e famiglie desiderosi di trovare un assetto stabile al proprio patrimonio.