Imposizione diretta delle cripto-attività: l’IRPEF dopo la Legge di Bilancio 2023       
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L’inquadramento fiscale delle cripto-attività fornito dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) pone definitivamente i proventi prodotti da tali asset digitali tra i redditi diversi di natura finanziaria trattati dall’art. 67 del TUIR.

La norma è stata modificata introducendo, al comma 1, la lettera c-sexies avente ad oggetto “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”. 

È interessante anche notare come il medesimo articolo definisce le cripto-attività ovvero “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando tecnologia di registro distribuito o una tecnologia adeguata”. 

LA NOZIONE FISCALE

A rilevare non è solo la scelta del Legislatore di adottare l’espressione “cripto-attività” in luogo di “valuta virtuale”, aderendo così alla terminologia in uso nell’ambito legislativo europeo, ma anche il fatto che, dal punto di vista fiscale, nella definizione di rappresentazione digitale di valore e di diritti rientrano sia i currency token che i security token, gli utility token e, infine, i non-fungible token o NFT. Insomma, si è scelta l’accezione più ampia possibile. 

Tralasciando aspetti privilegiati da altre norme, come il fatto che le cripto valute non siano emesse da nessuna banca centrale o garantite da un’autorità statale, la formulazione dell’art. 67, o. 1 lett. c-sexies si concentra sulla possibilità di trasferimento e memorizzazione elettronica mediante la tecnologia del registro distribuito. Non importano, quindi, la funzione o l’impiego che il contribuente ne fa. 

Inoltre, sotto il profilo della tipologia di proventi vengono inclusi dalla norma: 

  • il rimborso di cripto-attività; 
  • la permuta, ad esempio, con valute virtuali o altre cripto-attività; 
  • la cessione a titolo oneroso, per cui, ai sensi dell’art. 9, co. 5 del TUIR, sono inclusi la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sulle cripto-attività o il loro conferimento nel capitale delle società; 
  • la semplice detenzione di cripto-attività. 

Tutte queste tipologie di reddito vengono, quindi, inquadrate nella fattispecie dei redditi diversi di natura finanziaria tassati ad aliquota forfettaria del 26%, anziché tra i redditi di capitale trattati ad aliquota marginale Irpef, come ritenuto precedentemente dall’Agenzia delle Entrate. 

Non costituiscono, invece, reddito alcuno i semplici trasferimenti da un wallet a un altro di proprietà del medesimo soggetto così come è irrilevante, ai fini del realizzo, il prelievo di cripto-valute per donazione o successione

Bisogna solo aggiungere, per completezza, che nell’ultimo periodo della lettera c-sexies è espressamente previsto che “non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni ”.

Pertanto, gli scambi crypto-to crypto, purché abbiano ad oggetto la stessa tipologia di asset, non sono sottoposti ad imposizione. Al contrario, l’utilizzo di una cripto-valuta per l’acquisto di un bene, di un servizio o di un’altra cripto-attività, quale ad esempio un NFT, o ancora la conversione di una crypto-currency in valuta corrente nazionale o estera, formano un reddito imponibile ai sensi ella norma sopra richiamata. 

PLUSVALENZE E MINUSVALENZE

La quantificazione delle plusvalenze generate dalle cripto-attività è definita dall’art. 68, co. 9 del TUIR come “differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate e il costo o il valore di acquisto”. 

Si presume che analoga metodologia sia applicabile alle minusvalenze, seppure non espressamente previsto. 

Ciò che però più manca nella formulazione della norma è una qualunque indicazione certa sul criterio da assumere per determinare la movimentazione delle cripto-attività, così da avere un costo o un valore definito di acquisto a cui fare riferimento per la quantificazione delle plusvalenze e delle minusvalenze. 

Il criterio generalmente utilizzato per i redditi diversi di natura finanziaria è quello del Last In First Out o LIFO, indicato dall’art. 67, co. 1-bis del TUIR, per cui sono ceduti per primi gli asset acquisiti per ultimi ovvero in data più recente. Il mancato richiamo a tale criterio normativo lascia qualche dubbio sulla possibilità o meno per il contribuente di scegliere autonomamente un metodo alternativo come il costo medio ponderato utilizzato attualmente per il risparmio amministrato.

LA SOGLIA DI ESCLUSIONE

Tutto quanto detto sopra, circa la tassazione delle plusvalenze e degli altri proventi, vale per importi “non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo di imposta ”. Questa è la previsione del nuovo comma introdotto all’art. 67 del TUIR. 

Per simmetrica deduzione, si ritiene che le minusvalenze siano riportabili in avanti solo se complessivamente non inferiori nell’anno alla medesima soglia di 2.000 euro. 

È importante notare che non si tratta di una franchigia, per cui se la soglia viene superata tutti i proventi saranno tassati, non solo quelli extra-soglia. Pertanto, bisogna procedere prioritariamente con l’individuazione di tutte le plusvalenze e minusvalenze fiscalmente rilevanti, eseguire poi la somma algebrica delle stesse e portare a tassazione del 26% l’importo risultante.

Qualora, invece, la risultante della somma algebrica dovesse essere negativa si potrà applicare quanto previsto dall’art. 68, co. 9 del TUIR ovvero “se le minusvalenze sono superiori alle minusvalenze, per un importo superiore ai 2.000 euro, l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi , ma non oltre il quarto”. 

CONCLUSIONI

La Legge di Bilancio 2023 ha fornito una disciplina chiara per il trattamento fiscale dei proventi derivanti dalle cripto-attività. Per le plusvalenze realizzate anteriormente al 1° gennaio 2023 si deve fare riferimento alle posizioni espresse dall’Agenzia delle Entrate, in particolare sull’equiparazione delle valute virtuali alle valute estere secondo le previsioni dell’art 67, co. 1 lett. c-quater del TUIR, a cui venivano ricondotti anche gli utility token. Per quanto riguarda le minusvalenze conteggiate sino a tutto l’anno 2022, le stesse possono essere portate comunque in deduzione ai sensi dell’art. 68, co. 5 del TUIR. 

Per quanto vi sia una discontinuità, quindi, è possibile contare su una prassi consolidata mentre per il futuro si dispone di un quadro che permette di muoversi con certezza tra le pieghe fiscali determinate dalla disponibilità e utilizzo di attività virtuali.

Questo le avvicina sensibilmente alla comprensione di un maggior numero di persone che stanno prendendo familiarità con un impiego del tutto peculiare della tecnologia digitale.

È forse ancora lontana l’epoca in cui le cripto-attività faranno parte usualmente del portafoglio titoli dell’investitore comune ma non c’è dubbio che lo sviluppo tecnologico in ambito finanziario stia abbattendo determinati confini e, come già accaduto per diverse applicazioni diventate di uso comune, la virtualizzazione degli asset monetari e degli investimenti sia destinato a invadere ampi spazi della nostra vita. 

Si comprende il fermento legislativo che si percepisce in ambito comunitario e internazionale e va salutata con favore una riforma normativa nazionale che ha definito in maniera sistematica il perimetro tributario di una materia in evoluzione. 

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