Il Trust nel passaggio societario
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IL TRUST COME STRUMENTO DI PIANIFICAZIONE SUCCESSORIA

Oltre che come strumento di protezione del patrimonio, il trust può essere utilizzato, mediante determinate disposizioni, in maniera altrettanto efficace nella trasmissione dell’azienda agli eredi. In particolare, per chi ha avuto modo di approfondire il tema del passaggio generazionale in ambito imprenditoriale, mediante sottoscrizione dei patti di famiglia, può essere di particolare interesse ampliare la visuale su uno strumento alternativo, quale appunto il trust, che permette ugualmente di tutelare l’integrità del patrimonio aziendale, in presenza di molteplici eredi, scegliendo al contempo chi sarà a proseguire l’attività di famiglia. E questo senza che il fondatore o chi regge in generale le redini della società ne perda il controllo anzi tempo.

ALTERNATIVA ALLA NUDA PROPRIETÀ

Per rendere immediatamente intellegibile quanto scritto in premessa, pensiamo al caso diffuso di conferimento agli eredi della nuda proprietà delle quote societarie o delle azioni, mantenendo l’usufrutto sul capofamiglia ed eventualmente sul coniuge.

In questo caso, si realizza senz’altro lo scopo di mantenere inalterato il controllo della società, in virtù del diritto di voto spettante all’usufruttuario delle partecipazioni societarie, e al contempo quello di permettere il godimento dei frutti della partecipazione ai nudi proprietari, mediante specifiche previsioni che regolino in tal senso l’usufrutto.

Quello che è inevitabile è la suddivisione e conseguente potenziale parcellizzazione delle predette partecipazioni tra tutti gli eredi. Al contrario, con l’istituzione di un trust si avrebbe un’unica intestazione in capo al trustee, mantenendo in questo modo l’unitarietà degli assetti proprietari.

L’evenienza, poi, di redigere un atto istitutivo del trust permette al disponente di regolamentare e garantire:

  • le modalità di gestione ed esercizio dei diritti inerenti alle partecipazioni sociali;
  • la continuità dell’indirizzo strategico e gestionale dell’azienda;
  • l’amministrazione professionale da parte del trustee su cui, qualora previsto, potrebbe altresì vigilare il guardiano (o protector).

A questi vantaggi si aggiungono, anche rispetto alla soluzione vista prima di dissociazione della nuda proprietà e dell’usufrutto, quello fiscale relativamente al trasferimento del controllo delle partecipazioni e, sotto il profilo della protezione, quello della segregazione delle partecipazioni nel trust, argine contro gli effetti delle vicissitudini familiari. Senza dimenticare che, in fase di istituzione del trust, il disponente può, nel rispetto dei diritti degli altri legittimari, determinare il beneficiario o i beneficiari del trust.

IMPOSTE DIRETTE DEL TRUST RESIDENTE

Il trust è annoverato dall’art. 73 del TUIR tra i soggetti passivi IRES ovvero tra quelli tenuti ad assoggettare i propri redditi alla medesima imposta delle società. Ai fini delle modalità di determinazione del reddito, bisogna distinguere, però, tra trust commerciali e non commerciali. È necessario a questo riguardo fare riferimento all’atto istitutivo del trust e, in particolare, a tutti quegli elementi in esso contenuti che caratterizzano come commerciale o meno l’attività del trust stesso.

Dopodiché, se il trust può essere a tutti gli effetti considerato commerciale determinerà il reddito complessivo ai sensi degli articoli 81 e seguenti del TUIR e sarà assoggettato a tutti gli adempimenti previsti per gli enti commerciali ovvero adempimenti dichiarativi, IVA e tenuta dei libri contabili.

Diversamente il trust non commerciale, ai sensi degli articoli da 143 a 156 del TUIR, vedrà il proprio reddito scaturire dalla somma dei diversi redditi conseguiti: fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti, tanto su territorio nazionale che all’estero. Pertanto, si tratta di una fiscalità più simile a quella delle persone fisiche con la differenza che rispetto a queste il trust pagherà sul reddito complessivo IRES e non Irpef.

Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi percepiti da un trust quali frutti di partecipazione societaria, essi sono imponibili:

  • nella misura del 77,74% se formati con utili prodotti fino al 31 dicembre 2016;
  • nella misura del 100% se formati con utili prodotti a partire dal 1° gennaio 2017.

In entrambi i casi, tale reddito sarà tassato nella misura del 24% (aliquota IRES vigente) in capo al trust cosiddetto “opaco”, considerato autonomo soggetto di imposta. Sarà invece attribuito ai beneficiari del trust, che porteranno tale reddito a tassazione nella propria dichiarazione, se il trust può essere considerato “trasparente”.

Ricordiamo che l’Agenzia delle Entrate a questo proposito ha chiarito, con la C.M. n. 48/E/2007 e successivamente con la R.M. n.425/E/2008 e la circolare 61/2010, che il trust può dirsi un opaco quando il trustee ha potere discrezionale circa l’attribuzione dei frutti e conseguentemente non si configura un diritto soggettivo in capo ai beneficiari circa l’attribuzione di questi frutti.

Nel caso contrario del trust trasparente il trustee è privo del potere discrezionale ed è obbligato ad attribuire i frutti ai beneficiari che sono pertanto titolari di un diritto soggettivo alla percezione degli stessi.

CONCLUSIONI

Il trust è un istituto che trova sempre più spazio all’interno del sistema normativo nazionale e può essere utilizzato insieme o in alternativa ad altri negozi per la pianificazione di un efficace passaggio generazionale e conseguente trasmissione del patrimonio, in particolare con riguardo all’azienda di famiglia.

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