Sono diversi gli ambiti e le circostanze in cui il contratto di affitto d’azienda dispiega le proprie potenzialità. Non vi è dubbio che tale tipo di accordo presenti una flessibilità di fondo, data dal fatto che non si realizza un trasferimento a titolo definitivo bensì solo la concessione in godimento di un’azienda, o di un ramo di essa, a fronte del pagamento di un canone, per un tempo determinato.
Ciò consente, ad esempio, di ricorrere all’affitto in un periodo precedente all’acquisizione di un’azienda così da permettere al futuro acquirente di valutarne e testarne sul campo la redditività mentre al proprietario-affittante è garantito un reddito stabile e determinato per l’intero lasso di tempo.
La stessa utilità si esplica nella gestione del passaggio generazionale, allorché il capofamiglia voglia rendere graduale il trasferimento agli eredi, o nella creazione di joint venture fra soggetti che vogliano dare solidità giuridica al proprio legame o, infine, durante la crisi di impresa per garantire la continuità aziendale in vista di una successiva vendita definitiva.
Eppure, tale tipologia di contratto, spesso approcciato in modo improprio, rimane misconosciuto nei suoi caratteri essenziali alla gran parte degli imprenditori che ne ignorano aspetti giuridici e negoziali ma anche e soprattutto vantaggi e possibilità di impiego.
ASPETTI GIURIDICI E CONTRATTUALI
Essenzialmente l’affitto d’azienda rappresenta un accordo negoziale mediante il quale si realizza il passaggio dell’azienda o di parte di essa dall’imprenditore (proprietario) ad un soggetto terzo (affittuario) che ne acquisisce il pieno diritto al godimento.
A fronte della disponibilità di un complesso unitario di beni e fattori produttivi (l’azienda) viene corrisposto un canone ovvero un corrispettivo periodico senza dover conferire un capitale iniziale per effettuare gli investimenti, a differenza di quanto accade nel caso di una start-up o con il versamento del prezzo in caso di acquisto di un’azienda.
E questo costituisce un altro vantaggio evidente della formula d’affitto in termini finanziari ed economici.
Nelle norme del Codice civile non si rinviene una specifica disciplina del contratto di affitto d’azienda. Essa si desume dai rimandi fatti, per l’affitto, dall’art. 2562 c.c. alle previsioni in materia di usufrutto e cessione d’azienda.
Dall’art. 2556 c.c., che disciplina la forma del contratto, con cui si sancisce il trasferimento della proprietà ovvero il godimento dell’azienda, sappiamo, ad esempio, che il contratto di affitto deve essere obbligatoriamente stipulato in forma scritta per atto pubblico o scrittura privata autenticata, essendo indispensabile per provare la sussistenza del contratto stesso (forma ad probationem).
D’altra parte, qualora facessero parte del complesso aziendale anche dei beni immobili la forma scritta sarebbe obbligatoria anche per la validità del contratto, poiché l’art. 2556 c.c. fa salve le forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che costituiscono l’azienda stessa.
Dal momento, poi, che i contratti conclusi in forma pubblica o per scrittura privata autenticata devono essere iscritti al registro delle imprese entro trenta giorni dalla data dell’atto a cura del notaio, la forma scritta appare essenziale per adempiere a tale obbligo. La mancata iscrizione al Registro delle imprese del trasferimento d’azienda rende lo stesso inopponibile ai terzi, a meno di non dimostrare che questi ne fossero a conoscenza, oltre a produrre l’irrogazione di una sanzione amministrativa per l’impresa.
LA GESTIONE DELL’AFFITTO D’AZIENDA
Dall’ulteriore rimando all’art. 2557 c.c. desumiamo che il proprietario/locatore è tenuto, per tutta la durata del contratto, ad astenersi dalla concorrenza con l’affittuario, per cui gli è fatto divieto di avviare una nuova impresa che per oggetto sociale, collocazione geografica o altro possa sviare la clientela dall’azienda affittata. Spesso tale obbligo viene prolungato oltre la mera scadenza del contratto, per accordo tra le parti, che possono, con una certa autonomia, anche ampliare il perimetro della concorrenza stessa.
Come ribadito dalla Corte di Cassazione, il trasferimento d’azienda presuppone che il passaggio riguardi non uno o più beni autonomamente identificabili nella loro soggettività giuridica bensì un insieme di fattori produttivi unitariamente atti all’esercizio d’impresa.
Stando alla giurisprudenza non è necessario che siano concessi in godimento tutti i beni che compongono l’azienda; è sufficiente che gli elementi trasferiti nella loro totalità esplichino una funzionalità organica all’attività di impresa, anche mediante successiva integrazione da parte dell’affittuario con la propria organizzazione.
Al contempo è stato precisato come non sia necessario che l’attività imprenditoriale sia in corso al momento dell’affitto né che l’affittuario sia un imprenditore o disponga delle licenze necessarie per lo svolgimento dell’attività. Ciò che conta è l’attitudine produttiva del complesso aziendale che al momento dell’affitto può anche essere temporaneamente inattivo.
Ai sensi del combinato disposto degli articoli 2561 e 2562 c.c. l’azienda trasferita deve essere condotta sotto la ditta che la contraddistingue, al fine di mantenere la capacità attrattiva e quindi la redditività dell’azienda in ottica di restituzione al proprietario, il quale non deve ritrovarsi con un bene depauperato. In generale, l’affittuario ha il diritto-dovere di conservare la capacità produttiva e l’efficienza organizzativa dell’azienda e non può modificare in termini significativi l’attività precedentemente svolta dal proprietario.
Questi principi vanno coniugati con il potere di disporre dei beni strumentali dell’azienda, cosicché l’art. 2561 c.c. stabilisce che la differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine del periodo di affitto vadano conguagliate in denaro.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario l’avviamento non può essere inventariato al momento del trasferimento o della restituzione considerato che esso costituisce un elemento intrinseco dell’azienda non misurabile ai fini del conguaglio.
Tuttavia, è lasciata all’autonomia delle parti la facoltà di regolare un indennizzo per l’eventuale variazione di valore determinatasi con la gestione dell’affittuario, sia in incremento che decremento. Spesso però la questione viene risolta stabilendo ab origine un canone che incorpori già il valore dell’avviamento in partenza per evitare indennizzi alla fine del periodo di affittanza.
LA SUCCESSIONE NEI CONTRATTI
La legislazione in materia di affitto d’azienda prevede la successione automatica dell’affittuario in tutti i contratti a prestazioni corrispettive in essere e non ancora completamente eseguiti al momento del trasferimento, purché non abbiano carattere personale.
Tale subentro è appunto ex lege e non necessita di specifiche pattuizioni tra le parti, che al contempo però possono escludere alcuni rapporti giuridici dalla successione mediante specifiche previsioni nel contratto.
Il terzo ceduto non deve accettare la cessione e può opporvisi entro tre mesi solo in presenza di una giusta causa. Allo stesso modo, i contratti stipulati dall’affittuario per il funzionamento dell’azienda, alla fine del periodo di affittanza, torneranno in capo al proprietario.
Per quanto riguarda i contratti di locazione immobiliare, l’art. 36 della L. 392/78 prevede che: “il conduttore può sublocare o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda , dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento . Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
La ratio della norma è con tutta evidenza l’esigenza di garantire la continuità aziendale impedendo cambi logistici potenzialmente traumatici o modificativi dell’assetto organizzativo.
In materia di passaggio dei crediti e debiti dell’azienda trasferita, la normativa contenuta negli articoli 2559 e 2560 del Codice civile non opera in caso di affitto, dovendosi escludere un effetto nei confronti dei terzi a partire dall’iscrizione del contratto al Registro delle imprese.
Pertanto, opererà l’art. 1264 c.c. che prevede che la cessione dei crediti abbia effetto nei confronti del debitore ceduto solo nel caso in cui questi l’abbia accettata.
Per quanto riguarda i debiti anteriori alla decorrenza del contratto di affitto risponde, salva diversa e specifica pattuizione tra le parti, solo il proprietario e non l’affittuario, che di per sé è escluso da ogni responsabilità. Specularmente, al termine del contratto di affitto, il proprietario/locatore non assumerà alcun onere in merito ai debiti contratti dall’affittuario durante il periodo di godimento dell’azienda.
Da ultimo, l’art. 2112 c.c. stabilisce che l’affittuario subentri in tutti i rapporti di lavoro in essere, senza che le parti possano derogare a tale previsione. Al contempo ai lavoratori devono essere conservati tutti i diritti economici e non solo che derivano dal contratto da loro sottoscritto.
CONCLUSIONI
L’affitto d’azienda permette di acquisire la gestione di un’azienda, ottenendone il pieno godimento, senza dover provvedere alla sua acquisizione a titolo definitivo. Costituisce, pertanto, una soluzione gravida di possibilità, percorribile in molteplici contesti in cui si necessiti di una certa flessibilità.
L’imprenditore potrebbe valutare questa opzione ogni qualvolta voglia saggiare le possibilità di entrare in un nuovo mercato o in un segmento specifico. È altresì possibile nel periodo di affitto valutare le effettive sinergie o le integrazioni a monte e a valle con il proprio complesso produttivo, sapendo di avere adottato una soluzione reversibile.
Anche l’imprenditore in crisi può trovare nell’affitto l’accordo che permette di garantire alla propria impresa un flusso finanziario determinato dal canone sgravandosi dai costi di gestione dell’azienda e provvedendo così a un potenziale risanamento, al limite in coordinazione con altri provvedimenti anche di carattere extra-giudiziale.
Vale la pena quindi porre la giusta attenzione a questa tipologia di contratto e alle sue declinazioni come valida alternativa ad un’acquisizione o a una joint venture. L’assistenza di un legale o di un professionista dotato della giusta competenza ed esperienza può permettere di coglierne tutte le potenzialità insite nella flessibilità e nelle sfumature negoziali e giuridiche dello strumento.