HOLDING DI FAMIGLIA
Le holding sono enti il cui oggetto sociale prevede tipicamente l’assunzione e la detenzione di partecipazioni societarie. In combinazione con altri strumenti, quali i patti di famiglia, i patti parasociali o il trust, la c.d. “holding di famiglia” può rivelarsi un efficace strumento di gestione delle aziende facenti capo ad un unico gruppo familiare nonché del passaggio generazionale all’interno dello stesso.
La holding permette, infatti, di sfruttare diversi vantaggi sotto il profilo finanziario, fiscale e societario.
I VANTAGGI DELLA HOLDING
Riguardo al primo aspetto, quello finanziario, si pensi alla possibilità di avere nella holding il collettore della liquidità del gruppo attuando poi il finanziamento diretto delle controllate senza dover ricorrere a finanziamenti da parte dei soci in una o nell’altra società e allo stesso tempo potendo valutare la distribuzione delle eccedenze ai soci sotto forma di dividendi. Anche i finanziamenti infragruppo possono avvenire mediante l’utilizzo di strumenti e contratti flessibili, non rigidamente disciplinati ed attraverso forme più sofisticate di cash pooling bancario o anche solo infra-societario all’interno del gruppo.
Sotto il profilo fiscale i vantaggi che si possono attivare sono diversi, tra questi per citarne alcuni:
- l’accesso al consolidato fiscale che permette di determinare un unico imponibile di gruppo compensando utili e perdite delle diverse società;
- l’applicazione della cosiddetta Participation exemption (Pex) alla distribuzione dei dividendi infragruppo e alle plusvalenze degli asset partecipativi che, in virtù della previsione dell’art. 87 del TUIR, vengono tassati solo sul 5% del loro ammontare, essendo esenti al 95%;
- la deduzione degli interessi passivi sugli strumenti finanziari emessi dalla holding per remunerare alcuni o tutti i membri della famiglia che ne possiede le quote;
- l’accesso alla liquidazione dell’IVA di gruppo con compensazioni fiscali tra le società.
Infine, sotto il profilo societario, è evidente la razionalizzazione garantita dal fatto di riunire tutte le partecipazioni dei membri della famiglia in unico veicolo societario che si pone al vertice rispetto alle società operative. Queste, a loro volta, possono essere gestite da amministratori e manager operativi senza scontare i meccanismi decisionali condizionati dal pluralismo dei soci, che trovano invece nella holding la camera di compensazione di ogni confronto. Allo stesso tempo il capitale delle controllate può essere aperto anche a terzi per operazioni di crescita senza che la famiglia ne perda il controllo.
Da questo punto di vista basta porre il pensiero alla storia dei maggiori gruppi familiari della storia del capitalismo nazionale per rendersi conto di quanto il ricorso a questo tipo di configurazione sia stato essenziale e ricorrente.
IL FAMILY TRUST
Obiettivi di protezione del patrimonio familiare e passaggio generazionale possono, in alcuni casi, essere più efficacemente perseguiti conferendo le quote partecipative della holding in un trust appositamente costituito.
Le disposizioni costitutive del trust permettono all’imprenditore di trasferire le partecipazioni agli eredi, affidandone al contempo la gestione ad un soggetto di propria fiducia, che assume l’incarico di trustee e amministra secondo le finalità del trust e nell’interesse dei beneficiari.
Perseguendo il controllo unitario sulla holding di famiglia, di cui si diceva sopra, l’istituto del trust permette contestualmente di tutelare in modo imparziale gli interessi sia degli eredi coinvolti nella gestione della società sia di quelli che partecipano alla società solo come investitori di capitale, nel rispetto delle prerogative di ognuno.
Gli stessi fini potrebbero essere perseguiti ricorrendo alla donazione, esponendo però il donatario all’azione di riduzione o all’istituto della collazione invocati dai legittimari che si sentano lesi nei propri diritti di coeredi.
CONFRONTO CON I PATTI DI FAMIGLIA
L’introduzione del c.d. “patto di famiglia”, mediante la Legge 14 febbraio 2006, n. 55, ha inteso limitare questi ostacoli per il trasferimento di aziende o partecipazioni sociali prevedendo che se tali asset sono oggetto del patto di famiglia non possono essere interessati né da azione di riduzione né da collazione. Le regole proprie della tutela della legittima vengono, quindi, sterilizzate limitatamente alla sfera dell’impresa e con l’accordo di tutti i coeredi, continuando ad operare per il restante patrimonio dell’imprenditore
Tuttavia, è indubbio che i patti di famiglia scontino alcuni limiti palesi nella programmazione dei passaggi generazionali, tra cui:
- la limitazione ai soli discendenti dell’imprenditore del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni;
- la limitazione dell’oggetto del trasferimento, che può essere costituito solo da partecipazioni di maggioranza;
- la necessità del consenso unanime dei legittimari;
- il potenziale annullamento del patto, in determinate circostanze, da parte dei legittimari sopravvenuti.
Non sempre, poi, l’imprenditore si trova nella condizione di programmare il passaggio generazionale avendo già individuato tra gli eredi quello più adatto a raccoglierne il testimone, trovandosi, ad esempio, i figli in un’ancora troppo giovane età.
Un’utile alternativa al patto di famiglia è costituita dal trust che, mentre garantisce la titolarità unitaria delle partecipazioni, permette la regolamentazione, tramite l’atto istitutivo, delle modalità di gestione e dell’esercizio dei diritti inerenti alle partecipazioni sociali, nonché la segregazione delle partecipazioni conferite, sia verso i terzi che verso gli altri familiari e le vicende personali in cui possono essere coinvolti, quali il divorzio, il fallimento, il decesso.
CONCLUSIONI
L’impiego della holding di famiglia si rivela particolarmente efficace nella programmazione dei passaggi generazionali, soprattutto in combinazione con altri istituti quali il trust, e nel perseguire congiuntamente la tutela dell’integrità del patrimonio aziendale.
Tale esigenza può essere avvertita tanto in presenza di una molteplicità di coeredi con differenze sul piano delle capacità imprenditoriali, della propensione al rischio e degli interessi; quanto nei confronti di soggetti terzi o di componenti indesiderati della famiglia.
Un assetto incentrato sulla combinazione di holding e trust permette, infine, una maggiore flessibilità nella scelta del continuatore dell’impresa di famiglia, permettendo al contempo l’eventuale mantenimento del controllo gestionale e operativo da parte dell’imprenditore fino alla sua morte.