Le imprese del nostro paese sono obbligate a muoversi all’interno di un contesto giuridico complesso reso talvolta ancor più complicato da riforme che si limitano ad aggiungere ulteriori obblighi e adempimenti a quelli già esistenti. Ciò porta generalmente ad accogliere le novità normative con un misto di diffidenza e fastidio da parte degli imprenditori, impedendo di leggere le opportunità che pure, a volte, sarebbero da cogliere per un processo di crescita e consolidamento virtuoso.
È questo il caso, ad esempio, della riforma introdotta con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi che impone tra l’altro, in capo agli amministratori in primis, la necessità di dotare le società di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Un obbligo, appunto, che potrebbe però rivelarsi, ad uno sguardo più aperto e attento, una buona pratica per tante aziende di piccola o media dimensione in grado di innescare utili processi di pianificazione.
AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA RIFORMA
L’art. 375, c. 2 del D.lgs. 14/2019, è intervenuto sull’art.2086 c.c., modificandone la rubrica in “Gestione dell’impresa”, ma soprattutto inserendo, al comma 2 di tale norma, il dovere per l’imprenditore di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione della crisi di impresa e della perdita della continuità aziendale”.
Con i correttivi al Codice della Crisi, ovvero con i D.lgs. 147/2020 e 83/2022, è stato chiarito, da una parte, che l’istituzione degli assetti di cui sopra spetta esclusivamente agli amministratori e, dall’altra, che gli stessi sono finalizzati prioritariamente ad intercettare le situazioni di crisi, vale a dire la “probabile insolvenza che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni”.
Al tal fine, gli assetti sopra menzionati, devono, come previsto dall’art. 3, c.3 del D.lgs. 14/2019, permettere di:
- rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale;
- verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi;
- ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.
Ne deriva che, per approntare un sistema di vigilanza preventiva, gli amministratori debbano necessariamente adottare un sistema di budget economico e finanziario, in grado di analizzare e pianificare i flussi di cassa su base quantomeno annuale.
In altre parole, la congruità degli assetti si misura sulla capacità dell’azienda di svolgere le verifiche necessarie a rilevare in maniera prospettica i segnali di insolvenza e questo, a sua volta, si traduce nel monitoraggio costante del debito in rapporto ai flussi di cassa e, quindi, alla sua sostenibilità.
Qualora non provvedano in tal senso, gli amministratori sono a rischio di azioni risarcitorie, perché di fatto l’assenza di adeguati assetti societari comporta, alla luce delle nuove norme, la mancanza di presidi a garanzia dei creditori, circostanza equiparabile alla prosecuzione dell’attività in mancanza di patrimonio netto positivo.
Un obbligo pertanto stringente che sarebbe grave sottovalutare.
FUNZIONI E VANTAGGI DEGLI ADEGUATI ASSETTI
Per quanto emerga chiaramente che i citati assetti societari debbano prioritariamente intercettare eventuali segnali di crisi, è altrettanto intuitivo come questa loro funzione, in determinate realtà aziendali, possa condurre verso l’introduzione o il miglioramento di pratiche gestionali importanti sotto il profilo dei processi aziendali.
L’individuazione prospettica della crisi impone una visione dinamica basata sulla programmazione aziendale e implica l’implementazione di uno specifico sistema di pianificazione e controllo, in grado di valutare l’andamento della gestione a dodici mesi nonché i risultati economici e finanziari in formazione.
Sotto questo profilo, risulterebbe altrettanto utile il ricorso a indici sintetici ricavabili dall’analisi di bilancio e dai prospetti finanziari dell’impresa. Tra questi, ad esempio, il DSCR (debt service coverage ratio), che confronta il flusso di cassa teorico dell’impresa (EBITDA) e il totale degli impegni finanziari annui.
Si ricorda che, quando tale indicatore assume un valore pari almeno ad 1,1, l’impresa è considerata in grado di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie.
Altro indicatore rilevante per il monitoraggio del debito è senz’altro il rapporto PFN/EBITDA, che pondera il peso della posizione finanziaria netta (PFN) rispetto all’EBITDA ovvero il risultato della gestione caratteristica. In altre parole, tale rapporto esprime la capacità dell’impresa di generare margini sufficienti a “coprire” il debito finanziario tramite la propria attività economica. Un valore positivo implica che i debiti finanziari sono maggiori delle risorse finanziarie generate dall’impresa e qualora il peso del debito finanziario superi più di 6 volte l’EBITDA ne indica di fatto il default tecnico.
Da questi due esempi si evince come la capacità dell’imprenditore di tenere sotto controllo determinate dinamiche gestionali permetta non solo di assolvere agli obblighi riguardanti gli adeguati assetti societari ma anche di innescare processi di controllo e pianificazione di assoluto valore.
D’altra parte, se si volesse guardare alle best practices adottate, ad esempio, dalle società quotate, è noto come il flusso informativo da queste generato preveda la produzione periodica di documenti informativi contenenti appositi report sui dati economico-finanziari consuntivi nonché dati previsionali corredati da piani di budget e piani pluriennali prospettici. È ovvio che come dice la norma l’assetto organizzativo deve essere commisurato alla dimensione aziendale ma si intende qui ribadire come certe misure di pianificazione e controllo siano di per sé atte a generare valore per la società che li adotta e che utilizza proficuamente le informazioni e i dati che se ne ricavano.
CONCLUSIONI
La norma che impone agli imprenditori di approntare adeguati assetti organizzativi può risultare pervasiva sotto diversi aspetti e indurre al contempo un salto culturale per quelle imprese che ancora ne sono sprovviste.
Un lavoro in questo senso può condurre l’azienda a rivedere i propri processi aziendali e a sensibilizzare le funzioni amministrative e contabili verso l’analisi dei dati finanziari e lo sviluppo di processi di programmazione e controllo gestionali.
Per le aziende con strutture ridotte diventa cruciale il ruolo del professionista che affianca l’azienda e che può fornire la necessaria consulenza in fase di implementazione nonché il supporto nell’attività continuativa di monitoraggio, cercando e incentivando la creazione di valore che emerge dal patrimonio informativo presente in società.