Criptovalute e trattamento fiscale: come funziona?
Date

Indice

CRIPTOVALUTE

Le “valute virtuali” o criptovalute (le più conosciute sono i bitcoin, ethereum, shiba coin) sono stringhe di codici digitali opportunamente criptati, generati in via informatica mediante complessi algoritmi matematici. Lo scambio delle valute digitali tra gli utenti avviene attraverso applicazioni software specifiche definibili “Exchange”.

Tali “valute” hanno natura esclusivamente “digitale” essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici (ad esempio pc e smartphone) e conservate, generalmente, in “portafogli elettronici” definiti “wallet”.

In ambito internazionale e nell’ordinamento italiano non esiste ancora una qualificazione giuridica delle valute virtuali, la cui assenza genera ricadute differenti anche in ambito fiscale e contabile, con trattamenti spesso completamente diversi e opposti.

Nonostante le enormi lacune in ambito normativo, la risposta da parte dell’Agenzia Entrate all’interpello del 24.11.2021 n. 788 appare chiara e concisa, prevedendo che le valute virtuali siano utilizzate come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale ed emessa dall’Autorità monetaria, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori che decidono di utilizzarla.

TRATTAMENTO FISCALE

Le criptovalute nell’ordinamento italiano sono essenzialmente assimilate alle valute estere, circostanza questa che può, nei casi sotto decritti, originare o meno l’emersione di plusvalenze imponibili come redditi diversi ex art. 67 comma 1 lett. c-ter) del TUIR. In sostanza, la cessione di criptovalute ad un valore più alto rispetto al prezzo di acquisto (ossia lo scambio immediato di valuta virtuale contro un’altra valuta – legale o virtuale –, e viceversa) produce un reddito diverso imponibile.

Trattandosi di valute estere, la loro detenzione soggiace, inoltre, alla disciplina del monitoraggio dei capitali esteri secondo i dettami del D.L. n.167/1990, pertanto, l’obbligo di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, vige per la detenzione di tutte le valute virtuali.

Per la compilazione del quadro RW, va ricordato che il controvalore in euro della valuta virtuale, detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento, deve essere determinato al cambio indicato a tale data dal sito su cui il contribuente ha acquistato la valuta virtuale.

Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.

CONTRIBUENTI PERSONE FISICHE NON IMPRENDITORI

Venendo al caso specifico, si ribadisce che le criptovalute detenute da persone fisiche non imprenditori, devono sempre, ai fini del monitoraggio fiscale, essere indicate nel quadro RW del modello REDDITI in quanto assimilabili ad attività finanziarie estere detenute al di fuori del circuito degli intermediari finanziari residenti in Italia.

Su tali valute virtuali non è dovuta l’IVAFE, secondo interpello DRE Lombardia 956-39/2018 e TAR Lazio 27.1.2020 n. 1077, dal momento che tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria”.

La tassazione delle plusvalenze da compravendita di valute estere da parte di persone fisiche viene normata principalmente dall’art 67 del Tuir, secondo i seguenti punti:

  • ai sensi dell’articolo 67 comma 1 lettera c-ter del TUIR costituiscono redditi diversi imponibilile plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti”;
  • inoltre, ai sensi dell’articolo 67 comma 1-ter del TUIR “le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta, la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a 51.645,69 Euro per almeno sette giorni lavorativi continui”.

Sulla base del tenore letterale della norma, pertanto si evince che un’operazione di compravendita di valuta estera, con emersione di plusvalore, costituisce reddito imponibile solo se la giacenza complessiva dei c/correnti in valuta estera supera per sette giorni lavorativi la somma sopra indicata, ovvero € 51.645,69.

Questi eventuali plusvalori emersi verranno quindi assoggettati ad imposta sostitutiva del 26% e dichiarati nel quadro RT del Modello Unico persona fisica.

CONTRIBUENTI ESERCENTI IMPRESA

Per quanto riguarda i soggetti esercenti attività di impresa, sul versante delle imposte dirette, i proventi derivanti dall’attività d’intermediazione riferite alle criptovalute, contribuiscono quale componente reddituale (positiva o negativa) alla formazione del reddito imponibile ai fini IRES e IRAP. Le criptovalute che a fine esercizio figureranno nella proprietà della società dovranno essere valutate al cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio al valore normale, ai sensi dell’art. 9 del TUIR, facendo riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle piattaforme on line, ove si effettuano attività di compravendita.

CONCLUSIONI

Nonostante le soluzioni di prassi delineate, appare evidente come l’argomento criptovalute provochi ancora un acceso dibattito soprattutto a causa dell’assenza di una regolamentazione ad hoc, strettamente necessaria in virtù di un’innovazione così dirompente.

Altri
articoli